"Dopo che ieri la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il decreto sull'abolizione delle Province, porteremo domani in consiglio dei ministri un ddl costituzionale per abolirle". Così il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha annunciato l'iniziativa dell'esecutivo per superare lo stop della Consulta. Ma l'Unione delle province italiane non ci sta: "Inaccettabile". La Corte costituzionale avrà avuto le sue buone ragioni. Non per nulla molti davano per scontata la bocciatura sia della riforma delle Province contenuta nel decreto salva Italia, sia del successivo più morbido tentativo di riordino con l'accorpamento di alcuni enti.
La Consulta ha ritenuto illegittimo il ricorso al decreto legge per interventi di tale portata, visto che quello strumento dovrebbe essere limitato ai casi di straordinaria necessità e urgenza.Per avere una più completa conoscenza delle motivazioni bisognerà aspettare il deposito della sentenza. Certo, una riforma come l'abolizione delle Province, che doveva essere fatta più di 40 anni fa contestualmente alla nascita delle Regioni, non poteva essere ritenuta tanto impellente da giustificare un decreto. Anche se forse sarebbe il caso di ricordare il contesto in cui il decreto salva Italia vide la luce. C'era appunto, da salvare il Paese che in quel momento si trovava in una situazione così difficile da dover affidare il proprio destino a un governo tecnico. Secondo i giudici di Palazzo dei Marescialli l'abolizione delle Province non è materia da disciplinare con decreto legge. Quindi il no dei giudici è di metodo e contesta il ricorso al decreto legge varato a suo tempo dal governo Monti. "Il decreto legge - ha sentenziato la Consulta - atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio". Per questo il governo ha deciso di intervenire modificando la Costituzione.

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